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Sempering

Milano, 02 aprile 2016

 
Sempering / Ingl. presente continuo del verbo “to semper”. In architettura e design, un’azione costruttiva su di un materiale o un componente che lascia una traccia formale significativa nel prodotto finale. Neologismo dal cognome dell’architetto Gottfried Semper, 1803-1879.
 
 
Le metamorfosi del progetto contemporaneo
 
Un’architettura o un oggetto d’uso ben disegnati e realizzati mostrano sempre una risonanza feconda tra mezzi e fini. Il processo che li ha prodotti non è un veicolo neutro che porta dall’idea al risultato, ma piuttosto un incontro tra forma e materia, che può prendere i modi della sperimentazione libera come quelli della conferma di pratiche artigianali collaudate dal tempo.
All’interno del variegato panorama contemporaneo, la mostra opera una scelta di alcuni ‘eventi progettuali’ di natura e scala diversa organizzandoli secondo otto possibili azioni, otto metamorfosi che trasformano materiali o componenti in ‘manufatti’, in elementi attivi della nostra vita quotidiana e della nostra cultura.
 
 
Le quattro categorie formulate centocinquant’anni fa da Gottfried Semper, e raddoppiate nel numero per aggiornarle alla condizione contemporanea, sono adoperate come una possibile griglia per mettere ordine nella struttura complessa dell’ambiente artificiale; e come chiave per una possibile revisione degli assiomi e dei metodi del ‘progetto moderno’, nel suo tentativo di adattamento continuo ai problemi ed alle aspirazioni di un mondo sempre più complesso e articolato.
Sempering guarda ad architetture, paesaggi, oggetti d’uso dell’ultimo decennio superando i confini stabiliti di ogni possibile sistema delle arti, di ogni separazione in competenze e settori. Azioni come quella di impilare materiali pesanti, connettere strutture leggere, plasmare materiali teneri, incidere involucri sottili, piegare fogli, intrecciare fili, comporre tasselli o soffiare aria possono essere viste come atti primari capaci di inventare forme impreviste alla luce di nuove tecnologie, ma anche come verifica di ‘costumi’ o consuetudini formali sedimentate nel confronto con condizioni inedite.
 
 
Prologo
Nel 1851, anno della prima Esposizione Universale di Londra, l’architetto tedesco Gottfried Semper scrive Die vier Elemente der Baukunst. Nel corso della sua argomentazione in difesa della policromia dell’architettura greca, egli elenca gli elementi di un’ideale abitazione originaria che pone a fondamento delle architetture e delle tecniche di tutti i tempi e luoghi: il focolare, il tetto, il recinto e il terrapieno.
Molti trattati ottocenteschi avevano cercato di fondare la disciplina architettonica su principi costruttivi comuni a tutte le civiltà. L’originalità di Semper sta tuttavia nel loro uso per dare ordine alla varietà delle ‘arti industriali’. Nel suo testo, egli pone in relazione la ceramica e la metallurgia con il focolare; l’idraulica e la muratura con il terrapieno; la carpenteria con la copertura e i suoi sostegni; e infine la tessitura e l’intreccio con le pareti.
 
 
Molti ritengono che l’idea dell’abitazione “originaria” sia venuta a Semper dall’osservazione del modello di capanna caraibica esposto nella grande serra del Crystal Palace all’interno della quale egli - fuggito da Dresda dopo il fallimento dell’insurrezione per la quale aveva progettato le barricate - aveva curato le sezioni canadese, danese, svedese e ottomana dell’Esposizione. In quell’occasione Semper aveva conosciuto Henry Cole, che dopo l’Esposizione di cui è organizzatore fonda quello che oggi è il Victoria and Albert Museum, e che tanta parte ha avuto nell’insegnamento del disegno industriale.
E’ forse anche dallo spettacolo fantasmagorico dei nuovi manufatti prodotti dalla rivoluzione indusTriale esposti sotto la grande volta di vetro e ghisa - e dalla necessità di fondare la logica della loro forma superando il conflitto tra nuove possibilità tecniche e imitazione pedissequa delle forme passate - che nasce il complesso tentativo teorico-pedagogico dell’opera successiva di Gottfried Semper, i due volumi di Der Stil pubblicati nel 1860-63. In essa, egli tenta di porre in continuità artigianato e architettura, archetipi figurativi ed evoluzione della tecnica, dato naturale e cultura materiale e individua quattro principali “rami della tecnica”: l’arte tessile, la ceramica, la tettonica (carpenteria), la stereotomia (arte muraria).
 
 
4+4=8
A un anno dall’Esposizione Universale di Milano, e più di centocinquant’anni dopo la pubblicazione dei suoi scritti, che classificazione avrebbe adottato Gottfried Semper per interpretare la pletora di manufatti che oggi danno forma al nostro ambiente, e che travalicano ormai i confini stabiliti di ogni possibile ‘sistemi delle arti’, di ogni separazione in competenze e settori nella progettazione di oggetti, architetture, paesaggi? Quali categorie avrebbe adottato per ordinare le diverse modalità attraverso cui ‘la forma prende forma’ nel progetto contemporaneo?
Le categorie elaborate da Gottfried Semper - che non si riferiscono tanto al materiale in sé, quanto ad alcune sue proprietà fisiche in connessione a una serie di possibili lavorazioni e modi di assemblaggio in strutture complesse - possono oggi essere prese come una sorta di ‘guida mnemonica’ di modi compositivi spesso nati da un’arte o tecnica specifica e poi allargati a situazioni diverse. Il materiale naturale, le sue tecniche di estrazione e finitura e le modalità del suo assemblaggio a creare insiemi più grandi formano così una triade complessa, mai completamente statica.
 
 
Nell’osservare la produzione progettuale contemporanea, otto sono le pratiche da noi individuate, capaci di sintetizzare alcuni assetti ricorrenti di tale triade: tecniche di unione e metamorfosi degli elementi che compongono le architetture e i prodotti di design contemporaneo, e al contempo archetipi di ‘pattern’ compositivi diversi, che fondano una sorta di ‘decorazione astratta’. Si tratta di otto lavorazioni identificate e messe in relazione con altrettante azioni che la mente, la mano o la macchina operano sulla materia. Esse sono:
_impilare, o l’azione del muratore;
_intrecciare, o l’azione dell’impagliatore e del tessitore;
_plasmare, o l’azione del fonditore e dello scultore;
_connettere, o l’azione del carpentiere di legno o metallo;
_piegare, o l’azione del lattoniere;
_disporre, o l’azione del piastrellista e dell’assemblatore di elementi;
_incidere, o l’azione del decoratore e dell’intagliatore;
_soffiare, o l’azione del vetraio.
L’insieme di queste categorie delineano l’impianto ordinamentale della mostra, assumendo consistenza fisica nel percorso espositivo.
 
 
L’ordinamento come corpo
Sempering si svela in modo chiaro, facilmente comprensibile e lineare nell’organizzazione dei propri contenuti. Il grande spazio del MUDEC è articolato in nove sezioni, di cui una è destinata ad aprire e a concludere il percorso espositivo, mentre le altre otto, una per ciascuna lavorazione individuata, si offrono liberamente al visitatore, volutamente prive di una sequenza predeterminata.
 
 
La prima sezione introduce l’ospite al tema, alla sua origine, alla sua contemporaneità, così come alla spiegazione del titolo della mostra. In essa sono esposti alcuni manoscritti di Gottfried Semper per Die vier Elemente der Baukunst e Der Stil e quattro grandi armadi, sorta di Wunderkammern contemporanee, che testimoniano alcuni episodi della storia moderna del design e dell’architettura inerenti iltema: si tratta di una selezione di disegni originali del 1949 di Paul Schmitthenner pubblicati postumi nel libro Gebaute Form nel 1984; una sequenza di disegni di Sigurd Lewerentz e foto dei progetti di Miguel Fisac, che evidenziano un lavoro paziente e quasi maniacale sul tema della muratura in mattoni e sul cemento armato; una serie di esercizi didattici svolti da studenti del Bauhaus nel quadro dei Vorkurse guidati da Josef Albers, inerenti i temi delle textures, della struttura e della spazialità a partire da un semplice foglio di carta.
Perimetrano lo spazio esempi più vicini all’oggi: una sequenza di modelli di studio di Michele De Lucchi e Michele Reginaldi e un insieme di esercizi progettuali di studenti di architettura e design.
 
 
Tra questi alcune esperienze didattiche svolte alla Scuola di Ulm nei corsi preparatori, nella scia dell’impostazione già sperimentata dal Bauhaus. Tale insieme di lavori ci narra l’importanza della pratica del “pensare attraverso le mani”, del procedere nella progettazione per continue e ricorrenti prove ed errori, simulando volumi, pattern, nodi e tessiture.
A questo seguono le otto sezioni della mostra, rigorosamente articolate in spazi uguali, scandite da diaframmi che evocano la tettonica del costruire ma anche il concetto ‘semperiano’ della parete come intreccio leggero.
I progetti selezionati sono il frutto di una ricerca che ha guardato alla produzione internazionale dell’ultimo decennio di architetture, paesaggi, e oggetti d’uso, attraverso il filtro classificatorio delle otto pratiche individuate. Ogni progetto esposto è stato scelto non tanto per la propria unicità, quanto, al contrario, per la capacità di rappresentare un modo di operare comune ad altri progetti attuali; esso è stato incluso non per emergere tra gli altri, ma per stimolare comparazioni e risonanze.
 
 
L’insieme dei progetti selezionati per ciascuna sezione testimonia in modo diretto, quasi auto-evidente, la pratica che li ha generati, dando origine a dialoghi e rimandi tra le architetture e i prodotti esposti a prescindere dalle diversità di scala, di funzioni e di contesti in cui essi sono stati concepiti.
L’esito di tale ricerca si materializza in un’esposizione densa di contenuto, ampia di sguardo, ma selettiva e rigorosa nella individuazione dei casi.
 
 
Ne emerge una fotografia del progetto contemporaneo ricca e complessa, in cui coesistono lavori fortemente radicati nei propri contesti e altri che reinterpretano e reinventano pratiche sedimentate altrove, dando vita a un grande e mutevole ‘telefono senza fili’ di immagini e pratiche progettuali.
Un quadro variegato, dove industria e artigianato, processi produttivi avanzati e forme riscoperte di manualità, innovazione globalizzata e tradizioni locali si fondono in combinazioni inedite, quanto mai lontano dagli ideali di universalismo e produzione in serie tipici del Moderno.
 
 
 
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