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Alchemists

14/19 Aprile, Milano

 
15 nuovi talenti da Singapore esplorano magia e mistero del design attraverso lo specchio di una nuova alchimia, in una mostra di strumenti e oggetti risultato di trasmutazioni progettuali della materia, da umile sostanza a bene prezioso per tutta la comunità.
 
Il titolo della mostra “The Alchemists” è un’esplicita citazione del gruppo di design d’avanguardia anni ’70 Studio Alchimia, che a partire da Milano e dall’Italia, con i suoi oggetti critici e sperimentali, ha determinato un fenomeno internazionale di rinnovamento degli oggetti nei linguaggi e nelle forme, con il recupero del patrimonio decorativo e dell’immaginario antico, sfidando la crisi e il sistema della produzione più commerciale.
Il mistero e la magia sottintesi dall’idea di progetto e produzione come processi alchemici che nobilitano la materia più umile, restano nel lavoro di ogni progettista o produttore che si pongano ancora oggi domande radicali: “Quali trasformazioni dell’abitare possiamo generare a partire da una nuova idea di fare e usare prodotti? Possiamo piegare la materia alla nostra volontà di cambiare forma e significato degli oggetti? Esiste una vita segreta delle cose oltre il loro valore venale?”
 
Nella preparazione di questa mostra, una nuova generazione di designer da Singapore ha provato a porsi domande simili, e ha intrapreso una ricerca creativa attraverso mitologie, filosofie e linguaggi evocati dal progetto “The Alchemists” ideato dallo scrittore, editore e designer Stefano Casciani (che alle vicende dello Studio Alchimia ha partecipato) e curato insieme a Patrick Chia, designer fondatore del Singapore’s Design Incubation Centre.
 
Gli affascinanti oggetti risultati dalle ricerche individuali dei designer e dal workshop sviluppato da Casciani e Chia presso il DesignSingapore Centre saranno esposti alla Triennale di Milano, in piena Design Week, dal 14 al 19 aprile – in un ideale omaggio alla cultura dell’alchimia e del design d’avanguardia, rielaborati e fusi in una miscela ad alto potenziale espressivo.
 
Fools’ Gold ideato da  Lanzavecchia + Wai sono dei contenitori realizzati con pellicola vinilica cromata per car wrapping, acciaio ondulato zincato, struttura in acciaio dolce verniciato a polvere. Ispirandosi ai laminati utilizzati dallo Studio Alchimia tra gli anni 70 e 80, Lanzavecchia + Wai utilizzano un involucro cromato nei toni oro e viola, applicato a contenitori semplici costituiti da lamiere di acciaio ondulato. Aumenta così la percezione del valore dell’oggetto, rivelandone al contempo l’ umile materia d’origine: l’ondulazione non solo dà resistenza strutturale alla lamiera, ma massimizza anche la superficie per l’applicazione del car wrapping, vinile metallizzato che può essere stampato, tagliato e texturizzato a laser: il concetto si può assimilare al car tuning, la tecnica con cui si rivestono carrozzerie d’auto con fasce di vinile colorato texturizzato, personalizzabili secondo le fantasie del proprietario, dando vita ad oggetti/scultura dalle suggestioni Pop.
Fool’s Gold (l’oro dello sciocco) è il nome popolare inglese della pirite, un minerale dai riflessi dorati ma anche una delle materie di base preferite da alcuni alchimisti per tentare la creazione dell’oro.
 
 
Pour, di Hans Tan è un tavolino in resina, fibra di vetro, ABS, acciaio verniciato a polvere. Come in altri progetti di Hans Tan, realizzati con materiali diversi, il colore e la superficie dell’oggetto sono generati da processi di lavorazione pianificati nell’azione chimica o meccanica, ma casuali nel risultato finale.
In questo caso, il piano del tavolo è realizzato all’inverso (come in certi famosi modelli di architettura di Antoni Gaudi) tramite colatura della resina che forma la superficie del piano stesso. Forma e dimensione delle diverse “pozze” di colore sono il risultato della gravità e della tensione della resina, di cui ogni colata viene realizzata singolarmente, senza utilizzare nessuno stampo.
Il tempo di indurimento della resina stratificata viene controllato con precisione, in modo da non mescolare una macchia di colore con quella adiacente e dare al top la composizione multicolore, del tutto innovativa per le infinite possibilità di variazioni formali e accostamenti cromatici.
 
 
La serie MATr ideata da Jolene Ng & Lee Si Min, nasce da lunghi studi per l’ottimizzazione creativa delle tecniche di stampaggio 3D. Partendo da trame strutturali realizzabili solo con queste tecniche, si ottiene una serie di quattro elementi funzionali realizzati in un solo ciclo produttivo: un canestro, una ciotola, un vaso e un paralume.
La sinterizzazione al laser consente la creazione di forme estremamente libere, ma la stessa libertà di spingere all’estremo i limiti degli oggetti così prodotti porta a realizzare forme troppo fragili per sopravvivere al processo di stampa e alla successiva estrazione dalla stampante.
MATr ridefinisce le strutture di supporto che rendono possibili queste forme facendole diventare a loro volta prodotti a sé stanti, che insieme danno vita a un “oggetto dentro l’oggetto”: una delle tecnologie oggi più avanzate di stampaggio evoca così anche la memoria di certi oggetti decorativi della tradizione artigiana orientale, articolati in più livelli ricavati da un unico blocco di materiale di partenza.
 
 
 
Resina, foglie di loto, acciaio verniciato a polvere danno vita a Float di Olivia Lee. Dalla combinazione di materiali artificiali e naturali suggerisce una delicata illusione – una porzione di stagno dove stanno foglie di loto, sostenute da un trio di steli intrecciati a formare la base del tavolo. Ogni modello è unico, perché ogni piano contiene una diversa composizione di vere foglie, provenienti dal Sud Est asiatico.
Comportandosi come una grande lente dalla superficie convessa, la resina che racchiude le foglie crea effetti ottici e visivi sorprendenti e sempre nuovi, come quelli generati dalla percezione di una forma nell’acqua, che cambia costantemente secondo la luce e l’angolo di visione.
 
 
Textile Transmutations di Tiffany Loy è un tessuto 3D, tagliato seguendo l’andamento di pattern circolari, composti da “pois” tridimensionali che si ripetono con andamento concentrico, dando forza strutturale e resistenza alle sollecitazioni a sagome modellate sulle dimensioni del corpo.
 
 
Le forme così ottenute possono essere indossate come “abiti” di forte valore gestuale e simbolico, che enfatizzano la presenza della figura umana - spesso trascurata - nello scenario generale dell’abitare e degli oggetti ad esso necessari.
 
 
 
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